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Franco Testa e il Brandauer

Massimo Demma
nov 19, 2021


... “Franco, conosci il Brandauer? È interessante” e gli mostrò quel piccolo qualcosa tra due dita, in verticale: ora entrambi lo osservavano, ma Morìs sorrideva come un prestigiatore. 


“Ah, no, non lo conoscevo”, rispose Franco sollevando con una mano gli occhiali mentre avvicinava (era miope più di me) al viso la pagliuzza lucente. 

Morìs Morisetti


Un giorno si aprì la porta, apertura annunciata come spesso accadeva dalla voce di Morìs (Morisetti) che mormorava: “Franco…” ancora prima di entrare (ridevamo sempre tra noi per questa sua costante caratteristica), e Morìs irruppe appunto nello studio dirigendosi verso il tavolo dell’amico, a testa bassa borbottando qualcosa, mentre porgeva tra le dita un oggetto così minuto che non lo vedevo.


Franco, conosci il Brandauer? È interessante” e gli mostrò quel piccolo qualcosa tra due dita, in verticale: ora entrambi lo osservavano, ma Moris sorrideva come un prestigiatore. 


Ah, no, non lo conoscevo”, rispose Franco sollevando con una mano gli occhiali mentre avvicinava (era miope più di me) al viso la pagliuzza lucente. 


Il Brandauer, ora lo vedevo, è un pennino, sottilissimo; il più sottile e delicato che conosca.

Mentre Morìs perorava le grandi qualità elastiche, espressive, meccaniche ed estetiche del minuto frammento metallico Franco lo infilò con attenzione in una delle sue cannucce, aprì una boccetta di china nera, intinse il pennino con gesto accorto e sicuro e si raccolse, concentrato ma al contempo rilassato, sul primo ritaglio di carta Schoeller che gli capitò tra le mani saggiando il nuovo strumento.


Morìs gli restò accanto, seduto, sporto in avanti e bisbigliando di tanto in tanto, osservando attentamente; restarono così, fermi, per alcuni minuti. 


Per il resto, silenzio.


Poi Morìs si alzò e, soddisfatto del successo evidente della sua presentazione, mormorò sospirando (come faceva sempre, spesso d’improvviso): “Va bene Franco, ci vediamo” e si dissolse oltre la porta, mentre l’amico proseguiva il saggio.

Dopo una ventina di minuti, credo, Franco sollevò il cartoncino ad altezza degli occhi, come faceva sempre; osservò attentamente e poi sentenziò: “è bello, sai? Si possono fare un sacco di cose”. 


Poggiò di lato il foglio con noncuranza, senza guardare dove perché ormai aveva concluso e assimilato l’esperimento; quindi riprese tranquillamente il lavoro. 


Mi alzai, cautamente mi avvicinai per non urtarlo e presi il ritaglio, mentre lui sembrò non accorgersene; l’osservai anch’io.


Come speravo, dopo qualche giorno ritrovai la prova sotto un mucchio di fogli usati da eliminare; così mi sentii giustificato nel prenderla - significava salvarla - e la portai a casa riponendola accuratamente in una cartellina dov’erano altre sue “prove” e schizzi raccolti con destrezza. 

Ogni tanto la ritrovo, e quando la guardo penso che era un esperimento, una prova.

Il Blog di Franco Testa, Artista

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Ritrovare e osservare tra i lavori di Franco, che Irvana sta accuratamente ordinando e catalogando, diversi schizzi preparatori per tavole che poi ha completato, mi ha affascinato non meno dei lavori finiti. Spesso lo vedevo quando cominciava a disegnare velocemente una prima traccia di impaginazione, studiando la distribuzione dei pieni e dei vuoti, le proporzioni, l’atteggiamento nel caso di animali e il portamento per le piante; in più riprese, rifacendo in parte o anche daccapo, su carta da fotocopie e su carta da lucido.
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